Gorilla Position #33 – Il divenire

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Il divenire è, secondo Eraclito, la sostanza dell’Essere, poiché ogni cosa è soggetta al tempo e alla trasformazione. Anche quello che sembra statico alla percezione sensoriale in verità è dinamico e in continuo cambiamento.“. Da La filosofia secondo Wikipedia. Ecco, probabilmente in WWE sono esperti del settore, perché il continuo gioco perverso tra cambiamento e staticità sembra diventato la chiave del rapporto show-spettatore.


Prendiamo la storyline della Bloodline, per esempio, in cui non è successo letteralmente niente per mesi, se non anni. E poi Sami Zayn, l’elemento imprevedibile, il sasso nelle placide e immobili acque del lago della noia e della monotonia, ha creato turbolenze. Finite le quali, tutto è tornato alla condizione iniziale. Calma, piatta, se non piattissima. In parallelo, le mirabilie di un draft che cambia tutto, ma che a ben guardare poi non sposta le cose nemmeno di un misero millimetro. Nella loro definizione, per lo meno. Prende un soprammobile impolverato dal salotto e lo porta, parimenti patinato di impurità, in camera da letto.

Già nella Road to WrestleMania avevamo visto consumarsi l’hype legato all’implosione della Bloodline. Perché l’innesco era stato allontanato dalla dinamica principale, affidata a un Cody qualsiasi, senza un motivo che non fosse il fragile #finishthestory. Naufragato in un nulla di fatto, peraltro. Vista la necessità, condivisibile (ma lo sapevi anche prima), di riempire questa story con un contesto e del contenuto. Certo, dato da un randomico Brock Lesnar che crea interesse di default, ma senza la minima spiegazione a oggi tangibile.

Personalmente, sono deluso e parecchio. La parabola della Bloodline poteva portare a un finale gladiatorio con Roman Reigns in versione Commodo, che viene abbandonato da tutti e deve affrontare la sua nemesi Massimo X Meridio in un faccia a faccia conclusivo. A un’iconica caduta dell’imperatore, che si è fatto forte della forza dei suoi alleati. Perché da solo, in fondo, non è mai andato da nessuna parte. In questi 3 anni, faticosissimi, infatti, Reigns non ci ha raccontato nulla. Non ci ha lasciato nulla. A noi, così come agli avversari. O ai colleghi. A chiunque, insomma. Tranne se stesso.

1000 e passa giorni di ripetitività, di match conclusi allo stesso modo, di promo fatti allo stesso modo. Identiche frasi, medesima mimica. Nessuna tematica. Il capo tribù che esercita la propria egemonia sul suo clan prima ancora che sull’intero roster e su di noi poveri e incolpevoli spettatori. Ingannati dall’eracliteo principio per cui sembra che tutto sia sempre uguale, ma ehi, non è così. Sta cambiando, hai visto?

E ora che gli hanno tolto Zayn e Owens dai radar, ora che persino Cody Rhodes è migrato altrove ed è in altre faccende affaccendato (sempre nell’illusione che tutto questo, sempre personalmente parlando, sia solo un bluff). Ora che per indovinare il suo prossimo avversario non basterebbero nemmeno le domande di routine come “porta gli occhiali”, “ha il cappello”, “è Bill?”. E no, non sto adducendo a un match con Goldberg. Ora che siamo in questa situazione per cui persino nel SUO show, la gente compete per l’ALTRO titolo, l’intera storia delle storie della WWE degli ultimi anni mostra un collasso creativo insanabile.

Draft, nuova cintura, torneo, tutte conseguenze di un paradosso creativo per cui ti sei intrufolato in un vicolo cieco da cui per tua stessa ammissione non sai più uscire. Perché Triple H dice “creiamo un nuovo titolo perché quell’altro non c’è mai” subito dopo aver detto che Cody non era ancora pronto per vincere. Due grandi verità, certo. Ma la via d’uscita non è certo fare finta di niente. Non è spostare il soprammobile, come accennavo. Era prendersi delle responsabilità, avere il coraggio di osare, di completare un arco narrativo iperbolico con gli elementi che ne erano propri. Non per sfinimento, lasciandolo a sgonfiarsi per inerzia, mentre sullo sfondo tutto il resto scompare.

Evolution creò Batista e Randy Orton, lo Shield lanciò Seth Rollins in prima battuta. O sediata che dir si voglia. Della Bloodline non resterà che polvere, una parentesi lunga un’eternità. Sami Zayn non è già più over come prima, i dubbi di Jey Uso non hanno più senso ora che colui che li ha causati non è più con lui. Solo Sikoa immotivatamente propinato come elemento fondamentale ma che non fa letteralmente nulla. E nulla è stato detto su di lui e sul perché dovrebbe importarmi qualcosa di lui.

Ed è un mortale peccato, perché volente o nolente la WWE aveva creato qualcosa di grande. Che meritava una degna conclusione.

Andrea Samele
Andrea Samele
Laureato in filosofia, amante della creatività, della scrittura e del suono musicale di una chop. Appassionato di wrestling di lunga data per la capacità di creare personaggi e storyline in grado di coinvolgere gli spettatori. Per Tuttowrestling.com curo l'AEW Planet.
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