5 Star Frog Splash #223 – Perseverare

Oggi ho voglia di raccontarvi una storia.
C’era una volta, tanti tanti anni fa… vabbè dai, non proprio tanti tanti. Facciamo nove. Ricominciamo.
C’era una volta, nove anni fa, un eroe senza macchia e senza paura. Il suo nome era Daniel Bryan ed era l’eroe più forte di tutti. Era un eroe di poche parole, anzi solo una: Yes. Nonostante questo, era l’eroe preferito di tutti, grandi e piccini. Beh non proprio di tutti, ci sono anche quelli che preferiscono i giganti solo perché sono grandi e grossi e… vabbè lasciamo perdere, diciamo che era l’eroe preferito di tutte le persone intelligenti.
Daniel Bryan aveva una missione importante: doveva andare a Wrestlemania e lottare per il titolo del mondo. Beh ma è una missione facile, direte voi ignari, era il più forte del mondo, per forza doveva andare a Wrestlemania! E invece no, perché alcuni tizi che si facevano chiamare Poteri Forti non volevano. “È piccolo”, ”È un nano”, “Ha la barba troppo lunga”, “Non ha muscoli”, “Non si fa la doccia per risparmiare sull’acqua”, i Poteri Forti inventavano qualsiasi genere di motivazione pur di non mandare Bryan a Wrestlemania.
Talmente non lo consideravano che non lo fecero partecipare nemmeno alla Rissa Reale, l’evento in cui tutti si prendono a botte e si lanciano oltre la terza corda. Ma la cosa non passò inosservata e gli spettatori della Rissa Reale iniziarono a protestare contro chi non voleva il migliore del mondo al Wrestlemania. Iniziarono a protestare persino contro l’innocente Bluetista, che un tempo era un eroe anche lui, ma la pessima gestione dei Poteri Forti fece sì che tutti cominciassero a fischiarlo.
Alla fine le cose stavano andando così male per i Poteri Forti che furono costretti a capitolare. I fan incitavano così a gran voce l’uomo che diceva solo Yes che i Poteri Forti furono costretti a mandarlo a Wrestlemania. Prima contro il capo dei Vichinghi Triple H e poi nel match per il titolo del mondo, dove alla fine Daniel Bryan si dimostrò per quello che era veramente, l’eroe migliore del mondo, vincendo il titolo e festeggiando in uno dei finali di Wrestlemania più epici di sempre. E tutti vissero felici e contenti… più o meno.
Piaciuta la storia? Mi è venuta in mente spesso ultimamente, dato che le cronache recenti della WWE mi sembra raccontino sempre più chiaramente narrazioni già viste, già raccontate. Non tanto per la struttura della storia, né tantomeno per il finale. È la perseveranza a colpirmi. Quella perseveranza nel provare a negare a tutti i costi quale sia il vero eroe della storia. Quell’insistere nell’ignorare tutti i segnali, anche quelli più lapalissiani, e non dare a chi se lo merita la giusta ricompensa. Certo, la WWE non è mai stata esemplare in questo. Ma ci sono occasioni in cui non puoi semplicemente ignorare. Questo è uno di quei casi.
Sami Zayn è uno di quei casi. Perché diciamocelo chiaramente, Sami Zayn è chiaramente l’MVP dell’ultimo anno solare di wrestling. Sami Zayn è stato in grado di rivitalizzare una stable palesemente noiosa, con personaggi palesemente noiosi, che si regge in piedi solo perché tiene in ostaggio due coppie di titoli. E questo non lo dico io, lo dice Paul Heyman quando va sul ring a fare il placeholder di Roman Reigns, portando i suoi titoli a mo’ di appendiabiti, a raccontare come Reigns vincerà a Wrestlemania perché la Bloodline è nulla senza i titoli. Grazie dell’informazione.
E grazie per 900+ giorni di regno completamente anonimo, di difese titolate erratiche e assolutamente prive di senso e logica, di match completamente vuoti di pathos ed entusiasmo. Tutti tranne quattro: i quattro match contro Kevin Owens, l’unico a essere talmente bravo da esserlo per due così da dare un senso anche al wrestler part-time Roman Reigns. A questi quattro se ne aggiunge un quinto, il match che abbiamo visto qualche giorno fa a Elimination Chamber contro Sami Zayn.
Questo match aveva un grande pregio e una grande pecca. Il pregio di avere una storia lunga mesi, che lo avevano reso assolutamente entusiasmante. La pecca di avere una storia lunga mesi, con un finale già scritto ma che non era quello a cui abbiamo assistito. Perché a volte le storie ti sfuggono dalle mani. Tu le scrivi, conosci bene i personaggi da includere nella narrazione e anche il finale. Ma a volte i personaggi sono scritti così bene che prendono vita propria. Eludono i binari nei quali tu vuoi costringerli. Diventano più grandi della storia stessa.
È quello che è successo con Sami Zayn, protagonista di una lunga e appassionante storia finita sì nel posto giusto, ma al momento sbagliato e con il finale sbagliato. E sapete come so inequivocabilmente che il finale era sbagliato? Il silenzio. Il silenzio del Bell Centre di Montreal, Quebec, Canada una volta che è stato contato il pin decisivo. Il cattivo ha vinto. I fischi sono fisiologici, devono arrivare. E invece no, perché l’heel è completamente irrilevante rispetto al face. Una volta che la bolla di sapone è scoppiata, che l’illusione della narrazione svanisce, rimane solo silenzio. Silenzio assordante.
Adesso parliamoci chiaro. Come ho detto prima, io non credo che la storia né tantomeno l’epilogo a cui abbiamo assistito a Wrestlemania 30 si ripeteranno a Wrestlemania 39. Nemmeno minimamente. Per mille ragioni diverse. La più logica è che Cody Rhodes non è una vecchia leggenda richiamata a caso che a stento ce la fa ancora. Cody Rhodes ha il supporto dei fan (per ora), nonostante abbia vinto una delle Royal Rumble più anonime di sempre totalmente a caso. Se poi iniziasse a partecipare al feud in prima persona, piuttosto che fare il portavoce di suo padre, magari ci si potrebbe anche appassionare un minimo.
La seconda ragione, non meno importante, è che stavolta in WWE si sono fatti furbi. Sami Zayn non è stato ignorato, messo da parte e cercato di spintonare in un angolo. Zayn ha avuto un match per il titolo del mondo, in un PLE che si è tenuto a casa sua. Cody Rhodes, ficcato a forza nella narrazione dalla Rumble, estraneo in casa d’altri, lo ha “riconosciuto” la settimana scorsa a Raw. Zayn ha avuto la sua storia. Non quella che volevamo, non col finale che volevamo, ma la sua storia l’ha avuta. E adesso la continuerà in altro modo. Non nel modo che volevamo, ma la continuerà.
Io però non posso fare a meno di notarla quella perseveranza. Non la perseveranza positiva, quella che ti porta ad agguantare gli obiettivi che ti prefiggi. La perseveranza della famosa massima “Errare è umano, perseverare è diabolico”. Perché, per la miseria, come fai a non voler dare il mondo in mano a Sami Zayn? Cosa ti spinge, così com’era accaduto nove anni fa, a non accorgerti del potenziale ENORME che hai in mano, dimostrato in continuazione negli ultimi mesi, e a volerlo mettere da parte in virtù di una vittoria di Cody Rhodes che avresti potuto proporre in altri scenari più consoni e appropriati?
L’aggravante è che al timone adesso dovrebbe (e il condizionale è d’obbligo, considerati gli intrallazzi a cui abbiamo assistito negli ultimi mesi) esserci Triple H. Nove anni fa a comandare la baracca c’era Vince McMahon, il cui motto è sempre stato “Più sono grossi e più voglio dargli titoli del mondo (anche se fanno schifo anche alle loro madri)”. Comprensibile che dare il titolo del mondo a Daniel Bryan non fosse la sua prima priorità. Ma ora? Quale scusa ha Triple H?
Lui lo sa. Lui sa di cosa è capace Sami Zayn. Lo sa almeno da nove anni. Dai tempi di NXT, più in particolare di NXT Takeover: [R]Evolution. Il match in cui Zayn vinse il titolo di NXT al termine di un match contro Adrian Neville che per me è un match da 10, avvenuto al termine di una rivalità da 10. Volete dirmi che Zayn non è all’altezza? E allora perché lo è Reigns, uno che ha un decimo del talento di Zayn, uno che nonostante tutti gli sforzi della WWE di farlo sembrare uno dei più grandi di tutti i tempi quando finalmente smetterà di tenere quel titolo in ostaggio svanirà nell’oblio della mediocrità che lo ha sempre contraddistinto?
Perché non lasciar parlare la storia? La storia, come dicevo prima, si è scritta da sé. Persino in modo più appropriato che come accaduto con Kevin Owens, che un premio lo meriterebbe anche lui. E no, non venitemi a dire che il premio lo avranno entrambi perché vinceranno i titoli di coppia, non fingete di non conoscere la WWE. Sapete benissimo che per loro i titoli di coppia valgono zero. Valgono qualcosa ora perché li hanno gli Usos, legati a doppia mandata dall’albero genealogico a quello che è il loro feticcio degli ultimi anni. Quando gli Usos li perderanno, torneranno a valere zero. Chiunque li vinca.
E allora perché? Perché intestardirsi così con Cody Rhodes, sempre se vincerà lui a Wrestlemania, che non ha la storia né le qualità né lo stesso supporto del pubblico? Perché non creare l’eroe che meritiamo e di cui abbiamo bisogno? Un eroe che merita di esistere e di avere successo per l’immenso lavoro fatto nell’ultimo anno? Perché non Sami Zayn?