La mia WrestleMania. Ho deciso di intitolare così questo episodio del Gorilla Position perché ormai WrestleMania sembra diventato un qualcosa impossibile da catalogare. C’è chi lo vive razionalmente, esattamente come gli altri PLE, chi tira fuori la pancia e si fa conquistare dall’emotività del “mi sei arrivato”. Chi semplicemente sogna, tra stage, entry music e tutto il resto della baracca.
La passione è indiscutibilmente un filo conduttore del mondo Wrestling. Pardon, Sports Entertainment. Lo è per chi guarda, per chi ci lavora, per chi commenta, lo è a maggior ragione e soprattutto per chi ci combatte. Non fossimo appassionati di Wrestling, non spenderemmo le nostre dieci dita per scrivere articoli o i nostri soldoni in collirio dopo le notti insonni. Non ci incazzeremmo come delle bestie quando ci propinano delle schifezze, non ci verrebbero le lacrime quando vediamo tornare gente che credevamo non avremmo visto mai più. Ma.
Ma l’entusiasmo (incondizionato, perlopiù) con cui, chi più chi meno, ci avviciniamo ogni anno all’evento degli eventi non può essere una scusante per zittire il nostro spirito critico e le nostre capacità analitiche. Ecco perché la mia WrestleMania è un elogio alla ricerca dell’eccezionalità emotiva, ma al tempo stesso una ammissione esausta e impotente di delusione assoluta. Perché quello che abbiamo visto in due notti è stato un, a tratti assurdo, teatrino di dilettantesca e grossolana improvvisazione.
Scalette sconvolte, match saltati, kick off infiniti e pieni di nulla, incontri senza alcuna costruzione né significato, banale sfoggio stilistico senza contenuti. Insomma, hai seminato ciò che hai raccolto, ovverosia uno svogliato, pigro, stanco e macchinoso trascinarsi da Day 1 a oggi. Non è tutto oro quel che luccica così come non è tutto sterco ciò che maleodora. Per cui, preamboli a parte, eccovi le due notti di WrestleMania viste dalla mia Gorilla Position.
NIGHT 1: GOD SAVE THE QUEENS
Premessa: non bevo caffè. Seconda premessa: ringrazio tutti coloro che hanno partecipato sul nostro gruppo Telegram alla live chat. Detto questo, dobbiamo tutti noi esprimere un sincero e quanto mai meritato ringraziamento a Becky Lynch e Bianca Belair. Perché loro è il match migliore di WM, probabilmente dell’intero anno in WWE.
Una vera boccata d’ossigeno in una card che all’apparenza annoverava match degni di uno show settimanale o di un PLE di transizione a dir tanto. Bianca vs Becky ha avuto tutti gli ingredienti di un classico: tensione, incertezza, ritmo, lottato di assoluto valore. Soprattutto, ha avuto coerenza. Non c’è stato nessun bislacco tentativo in ring di divergere dallo status dei personaggi o di colmare con l’azione le lacune di storie inesistenti.
Non abbiamo visto niente che meriti il premio Oscar della narrazione, ma se non altro possiamo dire che c’è stata linearità. Sia nella trama, con la rivincita di Bianca dopo lo sgarbo di SummerSlam, sia nell’incontro, con un crescendo di intensità e di violenza. Zero apparenza e coreografia, tante legnate in linea con il racconto che di settimana in settimana le due hanno portato avanti. Hanno concluso (bene) ciò che avevano iniziato (malissimo).
E in questo, Bianca e Becky sono state una mosca bianca in una Night 1 caratterizzata più dalla singolarità che dalla costruzione. Gli altri due acuti, per non dire veri e propri punti esclamativi, infatti, sono stati due ritorni. Il primo, atteso, annunciato, sospirato e annusato, è stato quello di Cody Rhodes, gestito un po’ in versione CM Punk. Tutti ne parlano, tranne la WWE, tutti lo nominano, tranne la WWE, tutti se lo aspettano, tranne la WWE. Tanti Easter Eggs, segnali, indicazioni, ma nulla di concreto fino alla definitiva comparsa dell’American Nightmare a WM.
Spuntato fuori come un Dugtrio che esegue l’attacco Fossa, Cody ha mantenuto tutti i tratti distintivi del suo stint in AEW. Le capacità in ring non gli sono mai mancate e l’incontro con Rollins è stato, per quanto improvvisato, decisamente coinvolgente e ben lottato. Personalmente, trovo sempre positiva la ricerca del dettaglio, che sia esso uno spot particolare e a effetto (suicide dive sul tavolo dei commentatori, per dirne uno, ma anche tutti i reversal suplex sulla terza corda e la springboard cutter) o un richiamo come il tentativo di Pedigree o il Bionic Elbow. Un pelo esagerate le tre Cross Rhodes, ma godiamoci il buono di questo match (e dei promo seguenti).
Il secondo, ha visto Stone Cold Steve Austin tornare a lottare a valle del Kevin Owens Show. Lento all’inizio? Sì. Magari non pulitissimo? Sicuramente. Ma chissenefrega. Abbiamo rivisto Stone Cold in action. Direi che basta e avanza. Si può anche discutere di Kevin Owens, nulla mi toglie dalla testa che lui e Zayn meriterebbero miglior futuro di fare le macchiette here and there. Però vale anche che Kevin Owens ha fatto il main event di WrestleMania lottando contro Stone Cold. Prendendole, certo. Ma finirai negli almanacchi (quanta vecchiaia in questa parola) come colui con cui Austin ha chiuso la carriera. In un momento speciale, unico, entusiasmante. Nonostante l’ora e, per l’appunto, il mancato caffè.
A parte questo, la prima notte ha offerto davvero poca roba. Vuoi per sfortuna, con Boogs che si distrugge quando era in predicato di vincere la cintura. Vuoi per palese inadeguatezza come nel match tra Charlotte Flair e l’a tratti imbarazzante Ronda Rousey. O per totale disinteresse, come McIntyre vs Corbin atto conclusivo. Detto che il match femminile mi è parso veramente brutto, disgiunto, molto macchinoso e senza alcuna storia da raccontare, vorrei soffermarmi su Drew McIntyre per collegarmi alla Night 2.
Drew McIntyre è un main eventer, è l’unico main eventer a oggi che non si chiami Roman Reigns. O Reigns Roman. Si è trovato per MESI, non giorni, MESI, imprigionato in un feud idiota tra spade, bretelle e Happy Corbin. Un feud che non è servito assolutamente a niente e da cui entrambi escono ridicolizzati. Corbin ha perso l’unico tratto che poteva rimanere distintivo del suo character, ovvero l’imbattibilità della sua finisher. Drew ha battuto in un sacco di tempo un lowcarder. C’era davvero bisogno di questo? Non si poteva fare a meno di tutto ciò? Andava bene uno squash di qualche minuto, un angle, un qualcosa che potesse essere un minimo caratterizzante.
Invece niente, il nulla più assoluto in nome di un overselling patetico di un evento a più riprese definito stupendous ma che di stupendous alla fin fine ha avuto davvero poco.
NIGHT 2: IL TRIONFO DEL NULLA
Ed è qui che passo alla notte 2. Overselling. Mi presenti Roman Reigns contro Brock Lesnar come il match dei match, lo scontro tra titani. La chiusura di un’epopea durata quasi una decade. Carichi questo match di una patacca come “The Biggest Wrestlemania Match of All Time”. Lo appesantisci ulteriormente con due cinture da unificare. Gli hai dato tutto e assolutamente più di tutto. Hai sacrificato il tuo roster, i tuoi titoli, la tua storia, i tuoi PLE, IL tuo PLE per eccellenza. In nome di due che hanno combattuto 12 minuti (biggest?) in un match banale, piatto, sciatto, già visto. Senza drammaticità, senza narrazione, senza niente di niente.
Come quando online si leggono offerte che dicono tipo Entusiasmante soggiorno di tre notti in meravigliosa struttura con vista sul limpidissimo mare di. E poi ti ritrovi in una mini stanza in cui apri la porta e sei in bagno, il balcone si affaccia sul parcheggio e in fondo, perdendo qualche diottria, sì. Ecco. Lì c’è il mare. Limpidissimo. O come quando le compagnie telefoniche ti dicono “The biggest discount of all time”. L’offerta migliore di sempre. MILLE Giga a tot Euro. Tu abitualmente usi a stento 5 GB, ma leggi il titolo, fiuti l’offerta, con il grande acume di cui ti sei sempre vantato, e chiaramente lo prendi. E non dico dove.
Ed è la stessa sensazione che mi ha lasciato la notte 2. Perché porca di una dannata miseria io ci credevo. Poteva essere un qualcosa di epocale, potevano costruire un match leggendario, tra due che, volenti o nolenti noialtri, leggende lo sono già. Un classico for the ages. E gli ingredienti c’erano, nonostante Reigns e una storia che dire incoerente è dire poco. Eppure finisce così, il trionfo del nulla più assoluto. Vince colui che era in cerca di legittimazione ma che, per legittimarsi, ha sempre avuto bisogno di altri. Colui che è sembrato distante anni luce da un avversario molto più, globalmente parlando, capace di lui.
E non si è costruito nulla per avvicinare i due in modo da rendere l’esito di WrestleMania qualcosa di logico e sensato, no. Si è usato il match per imporci una volta di più Roman Reigns a forza. Si è presunto e preteso che tanto doveva finire così. Quindi stacce. Ah. Va bene. In tal senso, il presunto infortunio di Reigns è solo una parziale scusante, perché il match era già sullo stiracchiato andante anche prima. Una delusione, personalmente parlando, cocente e totale, che fa da perfetta chiusura a una Night 2 che se artiglia la sufficienza è solo perché in fondo è WrestleMania.
A parte l’opener, con un più che valido triple threat per i titoli di coppia in cui gli RK-Bro hanno mantenuto, il resto è a metà tra il piattume e il pattume. Cambia una i, direte voi. Già. Edge vs Styles, è stato come una partita di calcetto tra vecchie glorie appesantite. Il che ha acuito ulteriormente il problema di un copione da interpretare piuttosto vuoto. Un po’ come i promo che ci hanno accompagnato a questo redde rationem. Zero contenuti, ma espressi in una buona forma.
Gli intermezzi comedy a me hanno provocato più tristezza che risate, visto che Zayn meriterebbe come detto ben altro, visto che Theory è comunque un giovane che devi lanciare. E lascio perdere l’intermezzo con Vince e la Worst Stunner Ever. E il resto è una tonnara al femminile senza né capo né coda e un patetico match improvvisato tra Lashley e Omos in cui nemmeno ci hanno fatto vedere una variazione sul tema. Cosa che poi è successa a RAW.
Questa è stata la mia WrestleMania, poche luci, tante ombre. Siamo ben, ben lontani da altre e più riuscite WrestleMania del passato. Avevo poche aspettative, onestamente. E per certi versi sono state anche ben riposte. Però pesa come un macigno quel senso di delusione provato alla fine dell’intero evento.
E probabilmente è colpa mia che mi aspettavo qualcosa di diverso, che mi aspettavo di trovare dentro l’uovo di Pasqua anche la sorpresa. Forse, dovrei davvero lasciare che sia la pancia a decidere, in serenità, solo se è buono o no il cioccolato d’involucro, fondente preferibilmente. Ma credo sia lecito, a maggior ragione dove c’è la passione, desiderare di più. Aspettarsela quella sorpresa, pretendere che il livello non sia mediocre. Volere davvero il mare e non un francobollo di azzurro peraltro indistinguibile dal cielo all’orizzonte.
Mi chiedo, allora, se davvero sia serenità e non, invece, un’inconscia e acritica rassegnazione quella di colui che nella pochezza della situazione attuale riesce comunque a godersi questo prodotto. Come quando si continua a festeggiare il Natale senza più scrivere letterine all’anziano barbuto. E gente che per tutto l’anno non ti caga improvvisamente diventa la migliore del mondo. Si aprono regali in cui ci si mette più tempo ed energia nell’impacchettamento che nel resto. Perché tanto poi dentro ci sono i soldi in una busta e “facci quello che vuoi tu”.
Tutti felici, tutti sereni, tutti contenti di stare insieme tra il face panettone e l’heel pandoro e la tombola. Ma voi ve lo ricordate l’entusiasmo che avevamo da bambini nel tenere il tabellone? O l’attesa per la mezzanotte con lo zio di turno che entra ridacchiando “oh oh oh“. E poi, come si suol dire, “fanculo la carta”, strappate tutto perché è il regalo quello che conta. La pista per le macchinine, Indovina Chi?, la PlayStation 1 con Final Fantasy VII, The Rock vs Stone Cold, Undertaker vs Shawn Michaels, Hardyz/Dudleys/Edge&Christian etc.
WrestleMania è il Natale di chi ama il wrestling, dovrebbe essere quel momento di felicità che unisce tutti e che ci fa fare notte fonda senza che il tempo pesi più di tanto. Trovando sotto l’albero proprio “ciò che desideravo”, perché qualcuno si è messo nei miei panni e ha cercato di rendere l’evento un qualcosa di speciale, un qualcosa di mio, di realmente stupendous. Invece, la mia WrestleMania (e sottolineo mia, lungi da me voler puntare il dito su chi l’ha vissuta diversamente) ha quel sapore agrodolce di chi ha ricevuto per l’ennesima volta una busta e delle banconote.
Graditi, certo, qualcosa di buono, inequivocabile. Ma al tempo stesso così vuoto, privo di pensiero, impegno, costruzione, sentimento. E io, a questo pacco più stupendo di sempre, non riesco davvero a rassegnarmi.