The Hard Truth #17 – Mondo Khan

The Hard Truth
Tutti i backstage delle compagnie di wrestling si assomigliano, ma ogni backstage infelice è un disastro a modo suo. L’arena di Poughkeepsie, NY si spalanca al tuo sguardo, un piccolo gioiello che negli anni 80 fu sede delle registrazioni di tutti gli show principali della WWF. Stasera è stata rimessa a nuovo per ospitare il Dynamite più stellare degli ultimi cinque anni, con la resa dei conti fra la leggenda Adam Copeland e i suoi rivali FTR, la carismatica Toni Storm contro Mercedes Moné per i titoli femminili, il feroce Jon Moxley contro Hangman Page in un Incontro Mortale per il titolo massimo AEW. 3000 fan entusiasti affollano gli spalti contando i secondi che li separano ai momenti più belli delle loro vite. L’elettricità accende l’aria come un cielo notturno rischiarato da saette gloriose. Non una piccola nube di malinconia dovrà oscurare il gaudio del genio che ha creato tanta magnificenza: sei Tony Khan, e la tua è la federazione più bella nel migliore dei mondi possibili. Uno spettatore ritardatario si avvicina con passi pesanti, avvolto in una cintura in plastica da campione mondiale, con finte borchie dorate da fiera di paese. E’ più grosso di tutti i wrestler del tuo roster. “Signor Khan! Era il mio sogno poterla incontrare un giorno!” prorompe con un vocione nasale, stampandoti una pacca sulle spalle che quasi ti manda in frantumi le ossa. Fai il gesto di chiamare la Security, ma ti blocchi perché il matto potrebbe schiacciarti senza accorgersene. “Mi chiamo Mark e sono il suo più grande fan! Non la ringrazierò mai abbastanza per averci regalato uno sport dove a vincere sono sempre i più forti! Sa, io non ho amici, e guardare i suoi programmi mi aiuta a dimenticare lo squallore della mia permanenza in quel grigio seminterrato. Sono riuscito a ottenere l’autografo di QT Marshall, ma il suo darebbe un valore incredibile alla mia collezione. Può dirmi in anticipo quali armi userà Moxley per far fuori Page, e se Cope è abbastanza in forma per battere gli FTR?” Ma che cosa crede di guardare questo, la lotta dei gladiatori? L’odore di nachos e popcorn stantio ti travolge come un colpo improvviso. Ti divincoli dalla sua logora maglietta dei Bucks, e fuggi come inseguito dal Fiend. Davvero la tua fanbase è composta da individui del genere? Non è certo da uno così che miri ad essere adulato. Ancora scosso per la disavventura, ti attardi a guardare la medaglia sul tuo petto con l’immagine di un ippopotamo triste molto simile a quel rozzo bestione, e a malapena ti accorgi che il tuo telefono squilla furioso. Espiri sollevato vedendo il nome di tuo padre Shahid. “Maledizione, Tony, mi vuoi ascoltare per una volta?”. Non lo hai mai sentito così amareggiato. “Non sono diventato il proprietario di club di NFL e Premier League sperperando denaro! La compagnia che ti ho regalato per farti giocare al piccolo imprenditore, non rende. Il milione di spettatori sembra lontano, e dobbiamo affittare arene sempre più misere perché a pochi interessa venirci a vedere. E in parte la colpa è tua. Non devi badare a rendere contenta la gente. Trattali male, fai il meglio per il business, e vedrai che ti apprezzeranno di più. La faida di Copeland deve andare avanti, i titoli delle donne NON devono essere unificati, e vedi di eliminare quella violenza esagerata di Mox.” Ti gratti nervosamente il polso, come se volessi cancellare le parole che ti inchiodano: “A volte mi pento di non avere dato le chiavi dell’impero in mano a tua sorella. Ti do un ultimatum: se anche stasera farai di testa tua, chiuderò i rubinetti, e non sgancerò più un dollaro per questa fallimentare All Elite!” Dimmi ti senti come se avessi ricevuto una sediata in piena fronte. La mano trema mentre frughi nel tuo taschino, sfiorando quella bustina che tieni vicina per i giorni più neri. Non ora, ti dici, non ancora. Perché non riesci mai a convincere la persona a cui tieni di più? Da quando sei nato non ricordi di averlo sentito una volta dichiararsi orgoglioso di te. Un solo giorno hai visto la soddisfazione illuminare i suoi occhi, quando a 8 anni grazie a letture precoci hai vinto la competizione statale di Spelling, ricevendo in premio una splendida medaglia d’oro con la figura di un’ape. Ancora adesso la porti appuntata alla giacca, e spesso ti sembra che la sua immagine muti per riflettere la vera essenza delle persone che incontri. Ma che fare ora? Le tue decisioni erano opposte a quelle del tuo genitore. Se non vuoi perdere i fondi, nella mezz’ora che manca all’inizio devi informare i wrestler di un cambio di piani. Ma sai che accetteranno di buon grado questo imprevisto, perché è evidente quanto ti stimino e ti vogliano bene. Dove potrebbero trovare un promoter più generoso ed attento? Decidi di toglierti subito il dente più grosso. Nessuno del roster ti suscita un timore reverenziale quanto Adam Copeland, il nome più prestigioso alle tue dipendenze. Bussi con cautela alla porta del suo lussuoso camerino, mentre la tua medaglia passa a raffigurare un lupo solitario delle tundre canadesi. Ti accoglie seccato: “Beh Khan, cosa c’è? Mi stavo preparando a fare il mazzo a quei buffoni e ricevere la più grande ovazione della serata. Hai qualche suggerimento?”. “Si-signor Copeland… Edge… Adam…” balbetti stentato “credo che stasera sarebbe meglio, ecco, lasciarli vincere. Per dare respiro alla faida, sa, per il business…” La parola ti muore in gola mentre ti fissa adirato. “Il business?” ringhia. “I tuoi fan sono stupidi mark come quell’idiota che va brancolando tra i corridoi. Che affari credi di fare? Io sono Edge. Ho fregato Cena, sono atterrato su tavoli in fiamme, ho fatto sanguinare leggende. E tu, microbo, pensi di dirmi come combattere?” Prende in mano una sua vecchia foto da Rated-R Superstar con cura mista a disprezzo. “Il mio tempo sta finendo,” mormora quasi a se stesso, “ma finché respiro, domino. Non mi trascinerò dietro quei due per mesi. Credi che io sia diventato grande facendomi amici? Da 30 anni parlo solo con Christian, e pure lui lo prendo a calci quando mi va. Io vinco, punto. Se non ti piace, sai dove trovarmi.” Ti afferra per il bavero e ti scaglia fuori con veemenza. “Torna a giocare al Boss”, sibila, sbattendo la porta. Col cuore in gola raccogli la foto gettata a terra nel trambusto, mentre il lupo sulla medaglia ora digrigna i denti. Come puoi fare a meno di lui? E come puoi continuare così? Per calmarti, ti avvii a incontrare Mercedes Moné. E’ sempre stata la tua preferita fra le lottatrici, e con te si comporta da vero tesoro. Da lei non dovrai temere scenate… o almeno lo speri. La saluti calorosamente e cerchi di trovare le parole per non ferirla, ma lei ti sorprende: “Fammi indovinare: sei qui per dirmi che è meglio che le cinture femminili restino due, che il titolo TBS porta più soldi come entità distinta, e che in sostanza io devo perdere il match di stasera. Non è vero?” Rimani a bocca spalancata. Questa ha lo stesso fiuto per gli affari di tua sorella Shanna. Forse è per questo che la medaglia ora riflette l’immagine di una piccola volpe leggiadra e flessuosa. Corruga la fronte e ti guarda con un filo di preoccupazione, come se stesse cercando in sé risorse nascoste. All’improvviso il suo tono diventa più caldo e accogliente. Scuote i lunghi capelli lisci di colore blu acceso e sfodera il sorriso delle grandi occasioni. È magra, ha i fianchi stretti, i seni piccoli, il naso appuntito… ma cavolo, quanto è sexy! Si avvicina sinuosa, cingendoti il collo con le braccia e avvicinando le labbra alle tue. “Ma in fondo a te che cosa importa dei soldi, Tonyno? Il babbo ti sgancerà sempre tutto il grano che vuoi. Rilassati e pensa a faccende più belle. Pensa all’amore. So che sei un tipo timido… non ti sei mai lasciato andare, vero? Piccino caro… Sai, ci sono cose più divertenti dei titoli, magari te le mostro, se mi fai felice stasera…” Sei come creta nelle sue mani, e lo sa. Provi sensazioni che non credevi esistessero. Hai perso la facoltà di parola. Riesci solo a sospirare “Oh Sasha… oh Mercy” prima di scappare in un ultimo residuo di dignità. Ti sei cacciato in un altro bel ginepraio. Perché non riesci a dire di no senza sentirti un idiota? Con il cuore che ancora martella e dieci minuti restanti, ti convinci a parlare a Toni Storm. La trovi nel corridoio, che sfila come una diva degli anni 40, il boa di piume che ondeggia, il rossetto scarlatto perfetto, i corti e folti ricci dorati: un pavone in carne e ossa. La medaglia sul tuo petto si scalda, mostrando un pavone splendente, dalle penne spalancate come un sipario. “Toni!” balbetti, “La nostra Mercedes… beh, ci terrebbe tanto ad avere la tua cintura. Chi ha più giudizio lo deve usare… magari, se tu facessi un passo indietro…” Lei si ferma di scatto. “Perdere, caro?” dice, col suo accento australiano affilato come un coltello. “La Timeless, cedere il suo titolo a quella volgare Moné? Quella ciarlatana dalla chioma bluastra? Per fare contenti quei quattro plebei che la tifano?”. Per un istante trema, come se temesse che il sipario per lei possa calare per sempre. Poi si riprende, afferrando il copione dalle tue tasche e strappandolo con un gesto teatrale. “La mia storia la scrivo io, e stasera sarà lei a imparare il suo posto.” Si allontana sghignazzando, il caschetto biondo nel vento, il boa che sfiora il pavimento come un addio. Corri per inseguirla, ma vai a sbattere contro Jon Moxley, il campione supremo, in modalità da guerriero. Brandisce le armi che intende usare fra poco: una mazza chiodata, un sacchetto pieno di schegge di vetro, una vera katana. Sul tuo petto ora domina un grosso scarafaggio nero: uno che resiste a bombe, fiamme e catastrofi nucleari. Cerchi di andarci cauto e indorare la pillola: “Stimatissimo Mox, sei così straordinario che i massacri non servono più per rendere grandi i tuoi match. Basta con mazze e spade: usa attrezzi semplici, qualche sedia, un bastone, dei tavoli, e la gente ti amerà lo stesso…” TU vuoi censurare ME? Proprio tu che mi spingi sempre ad esagerare?” bofonchia fuori di sé. “Io sono Moxley, ragazzo. Combattevo incontri estremi quando tu ignoravi come è fatto un ring. Lo sai che cosa ci faccio con le pretese di limitarmi?”. Estrae un coccio dal sacchetto e lo addenta masticandolo lentamente, mentre un rivolo rosso gli cola dalla bocca. “Sanguinare è ciò che mi ricorda chi sono. Senza i miei eccessi, non sarei nulla. Non mi scocciare, bamboccio. Guarda il mio match e capirai”. La sua risata ti insegue mentre ti allontani. Questa volta sei davvero nei guai. Adesso ti è chiaro che i wrestler non ti ascoltano. Ce ne sarà almeno uno che avrà stima di te? Scorgi Mark in fondo al corridoio, che sistema la sua cintura giocattolo con cura. Ti guarda e sorride, decidendosi finalmente ad entrare nell’arena. Speri di non deludere almeno lui. E’ un impiastro, ma ti piacerebbe che altri avessero la sua passione. Passi davanti allo spogliatoio dove si cambia il resto dei lottatori: la porta è socchiusa e non resisti alla tentazione di origliare. Cadi in un precipizio quando comprendi le prime parole: “Avete visto come si è fatto mettere sotto da Cope? Non regge un confronto. Non si rende conto che tutti noi ridiamo di lui?” “E’ debole e accondiscendente, anche il più infimo perdente lo manipola come vuole.” “Si crede un genio, ma è un dilettante”.“Sembra sempre sul punto di crollare, come se avesse bisogno di qualcosa per tirare avanti.” “Triple H mi ha fatto un’offerta. Chi vuole venire con me?” Crolli a sedere appoggiandoti al muro, mentre le lacrime ti bagnano il viso. Allora è questa la verità. Sei un fantoccio. Sei lo zimbello dell’intera AEW, e la cosa non cambierà mai. I wrestler a cui vuoi bene, non ne hanno mai voluto a te. Che senso ha continuare con tutto questo? Nulla ha più importanza per te. La medaglia dove un tempo un’ape paciosa danzava tra i fiori, ora è sconvolta da uno stormo di avvoltoi che banchettano su un cadavere. Il tuo. Ti trascini al tuo ufficio e tiri fuori dal taschino la tua vergogna. Su una cosa quelle bestie ci hanno azzeccato. E’ la cocaina ad aiutarti nei momenti difficili. E’ il tradimento che ti salva e ti distrugge. Ogni dose è un match truccato, dove vinci solo per un momento, ma il pubblico – tuo padre, i wrestler, te stesso – ti fischia sempre alla fine. Con stanca precisione, apri la busta e sniffi la polverina che ti lancia nel trip del secolo. Il Dynamite di quella sera resterà noto nei secoli come “Il disastro di Poughkeepsie”. Cope ha aggredito gli FTR con una furia selvaggia, spezzando loro sadicamente le gambe con una presa micidiale imparata da Bret Hart in persona, fino a venire fischiato e rigettato dalla folla accorsa per acclamarlo. Non lo rispetteranno in molti, in futuro. Entrambe decise a vincere e non disposte a cedere il passo, le dolci Toni e Mercedes si sono strappate gran parte dei capelli e sfigurate il volto, una col tacco della sua scarpa, l’altra col suo vecchio tirapugni, guadagnandosi una lunga degenza in ospedale. Ancora peggio ha fatto Jon Moxley che, dopo avere infierito su Hangman Page con ogni arma possibile, preso dall’esaltazione ha tentato di tranciargli un braccio con la katana, ma ha finito per fare del male a se stesso mozzandosi un dito. Gli spettatori inferociti, dopo avere cantato ‘This match sucks!”, hanno tentato di invadere in massa il ring per aggredire Moxley, ma un fan sovrappeso si è parato sulle transenne gridando ‘Voi non passerete!’, e ha steso uno dopo l’altro i facinorosi con colpi di braccio potenti, atterramenti spettacolari e placcaggi ben assestati. Ma tu non hai assistito a nulla di tutto ciò. Le due ore di show le hai vissute immaginandoti nel ranch dove passavi le vacanze da piccolo, mentre le urla dell’arena lontana si insinuavano nella tua visione. I prati verde smeraldo e il ruscello d’argento pulsavano come un cuore malato, mentre i muggiti del bestiame sembravano celebrare le lodi del più geniale dei Khan, per poi spezzarsi in un’eco tagliente. Emmy, Oscar, Pulitzer e Nobel ti venivano offerti per il tuo sforzo nel rendere il wrestling un’arte, ma si dissolvevano rapidi come brina nei campi. Shanna applaudiva il tuo trionfo con occhi vuoti, mentre Shahid ti abbracciava meccanicamente sussurrandoti ciò che avresti voluto sentire: ‘Ce l’hai fatta, figliolo. Sono orgoglioso di te. Ti voglio bene’. Il sogno svanisce con un bussare insistente. La voce della tua segretaria ti strappa alla fattoria, ma il mondo reale è sfocato. La testa pulsa, le mani tremano mentre ti strofini gli occhi. La cocaina ha lasciato solo macerie. La tua assistente ti spiega come sono andate le cose, e insiste per presentarti l’unico vero eroe di quella serata, colui che ha impedito che uno show fallito finisse in tragedia. Non potresti rimanere più stupefatto quando davanti a te compare il faccione di Mark. La sua maglietta è ridotta a un cencio, ha un occhio nero, varie ammaccature, ma si erge con una fierezza che manca ai tuoi wrestler più rinomati. Abbassi lo sguardo alla medaglia e vedi l’ippopotamo di prima, che ora sorride, un mantello da supereroe sulle spalle, come se avesse sempre saputo di poter volare. “Dove è finita la tua bella cintura?” gli chiedi, notando la mancanza della patacca a cui tanto teneva. “Signor Khan, me l’hanno portata via nello scontro, è già tanto se mi reggo ancora in piedi. Ma voglio dirle che darei la vita per questa federazione, per difendere i lottatori che tanto ci fanno divertire, e soprattutto per rendere felice lei”. Ti senti un verme per esserti creduto superiore a lui. Versi di nascosto i resti della bustina nella pattumiera e frughi in una scatola di cartone dove giacciono inani la spada spezzata, il boa stracciato di Toni, la noccoliera distorta di Mercy e la foto sgualcita di Cope, tirando fuori l’oggetto che serve al bisogno. “Sarò sincero con te, amico mio. La AEW ha i giorni contati, forse domani non saremo neppure più in attività. Se continueremo, dovremo ripartire da zero. Però c’è una cosa che vorrei avessi tu. La meriti più di tutti loro.” Gli porgi la cintura da campione mondiale abbandonata da Mox al centro del ring. Hai di nuovo fiducia negli esseri umani. Vorresti avere una tavolozza per ritrarre tutte le sfumature di gioia sul suo viso. E questa, nel mondo di Khan, è la verità.
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Scritto da Federico “Colosso” Moroni
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